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La signora Wu aveva quasi novantaquattro anni. Avrebbe spento le candeline fra un mese e una settimana appena. “Spento le candeline” si fa per dire, perché se avesse messo novantaquattro candeline su una torta probabilmente avrebbe servito cera ai suoi commensali. E poi la tradizione della torta non le apparteneva. Alla signora Wu piaceva trascorrere il suo compleanno allo stesso modo di come trascorreva ogni domenica da ormai trent’anni, da quando aveva smesso di lavorare in fabbrica, addetta ad un macchinario che tesseva calzini di cotone. Quello era l’ultimo di una lunga fila di lavori attraverso i quali era arrivata alla meta finale: la pensione. Non che lo stato le avesse mai garantito di vivere gli ultimi anni della sua vita in tranquillità, no, assolutamente no. Ma aveva risparmi da parte, e nessun nipote a cui doverli lasciare. Non aveva avuto figli, la signora Wu, con gran disappunto di tutta la sua famiglia, sia da parte di madre che di padre. “Chi ha figli non può restare a lungo povero, chi non ha figli non può restare a lungo ricco” le diceva in continuazione suo padre, ammantando com’era suo solito vecchi detti popolari di un alone di indiscutibile saggezza. Avrebbe voluto rispondergli adesso, a novantaquattro anni, che erano tutte cazzate. Eccola qui, la piccola Chun Wu, sesta di sette figli, terza di quattro sorelle, con un rispettabile conto in banca, un figlio che se ne era tornato a Xiamen, nel Fujian, a godersi anche lui la meritata vecchiaia. Wu non lo sentiva da almeno dieci anni, ma lo seguiva su Facebook e suo figlio Dean non aveva mai preso moglie né avuto figli. E anche lui era benestante, molto più di sua madre. Viveva in una bellissima villa circondata da un giardino curatissimo, con vista mare. «Hai visto? Lui è rimasto ricco, e probabilmente morirà ricco. E io non ho nessuno a cui lasciare quello che mi resta in banca.» Pensò alle sue sorelle. Anche loro erano scivolate nell’oblio tanti anni fa. Sapeva che erano tutte morte prima di lei, ma al contrario di Wu avevano avuto figli, e quindi anche nipoti. Ma non ne sapeva nulla, nemmeno dove fossero state sparse le loro ceneri. Anche i suoi fratelli avevano tutti lasciato queste sponde, tranne forse uno, che era emigrato in Germania in gioventù, di cui aveva conosciuto il figlio. Sapeva che a Dusseldorf c’era questo ristorante cinese molto apprezzato, e che il vecchio proprietario se ne stava sempre seduto su una sedia, presso un piccolo tavolino accostato alla porta di ingresso, dando il benvenuto a tutti i clienti. Lo aveva letto su alcune recensioni di Trip Advisor. Aveva sempre immaginato che quel vecchio proprietario fosse suo fratello, e che tutt’ora fosse ancora vivo, e che trascorresse le sue ultime sere così, dando il benvenuto ai clienti del ristorante che ormai era gestito da suo figlio. «È questa la ricchezza alla quale avrei dovuto ambire?» Disse la signora Wu ad alta voce. Il vento le scompigliò i capelli bianchi, filiformi e leggeri, per quanto fossero raccolti con cura in una elaborata crocchia in cima alla testa. La brezza le portò l’odore dell’erba appena tagliata, della roccia umida e della pioggia che si avvicinava all’orizzonte. Deglutì e si chinò sulla lapide di pietra. Non era la tomba di suo padre. Suo padre non era stato sepolto, era stato cremato, e le sue ceneri disperse nell’oceano asiatico, secondo sue precise disposizioni. Quella che aveva di fronte, di marmo lucido e ancora non intaccato dal muschio e dai licheni, era la tomba di suo marito Severino. L’uomo che l’aveva accompagnata fino a pochi giorni prima. L’ultimo di tre compagni che si erano succeduti al suo fianco, l’ultimo del quale aveva deciso di non sposare. Ma non per questo si sentiva meno legata a lui, meno straziata dalla sua morte. Le aveva fatto scolpire proprio una bella lapide, in marmo grigio con delle bellissime venature perlacee. Chinandosi a fatica, accarezzò la pietra. Levigata, lucida. Qualche goccia d’acqua indugiava sulla superficie senza riuscire a scivolare giù. La signora Wu aiutò le gocce a scendere, poi cercò un fazzoletto nella borsetta nera e si asciugò le lacrime. Severino se n’era andato in silenzio e in pace. Aveva riso e scherzato con lei fino al sabato precedente. Le aveva preparato la cena, poi avevano visto un film su Netflix, poi erano andati a dormire. Al suo risveglio, Severino era freddo come il marmo che adesso la signora Wu stava accarezzando. E la prima cosa che la signora Wu aveva fatto era stata chiamare Giovanni, socio di Severino in quel negozio di biciclette, per avvertirlo che Severino non sarebbe sceso in paese, quel giorno. «Ma è domenica.» Le disse Giovanni al telefono. «No, - gli rispose la signora Wu, - intendevo mai più. Severino è morto stanotte.» Solo dopo aver riattaccato la cornetta la signora Wu si era permessa di piangere. Aveva trascorso così la domenica. Piangendo. Solo nel pomeriggio aveva ripreso il telefono per chiamare tutte le altre persone che avrebbe dovuto avvertire. Soprattutto l’ospedale, l’impresa funebre, e i parenti di Severino (sua sorella e la figlia che aveva avuto dalla prima moglie, ormai sposata e trasferitasi a Milano da anni). «Scusa se indugio sui ricordi tristi. - Disse la signora Wu, mentre alcuni passeri si riunivano a cinguettare sotto il pino lì nei pressi, spezzando l’atmosfera triste. - È grazie ai ricordi felici che sono qui. E scusa se mi rivolgo a mio padre, anziché a te. Ma lui si infila sempre nelle mie conversazioni, lo fa da sempre, con la sua impertinente e tronfia saggezza popolare. Se c’è una cosa che mi hai insegnato, amore mio, è che la saggezza sta nell’affrontare la vita con la leggerezza nel cuore.» Le sembrò di aver coniato una nuova perla di saggezza popolare, per quanto involontaria, banale e poco incisiva. Ma la affidò lo stesso ai passeri che cinguettavano lì vicino, i quali volarono via come infastiditi da quelle parole. Proprio come la signora Wu lo era dai discorsi di suo padre. Forse allora la sua perla di saggezza era buona. Salutò Severino, si rialzò a fatica tra mille dolori alle articolazioni e si incamminò lungo il vialetto lastricato che conduceva fuori dal cimitero. I passeri stavano già ripetendo le sue parole qua e là, riusciva a sentirli.

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Jumboa21

Chun Wu, sesta di sette figli, seconda di quattro sorelle???