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La porta si spalancò di colpo, come se un meccanismo a molla l’avesse spinta verso l’esterno. Ruotò cos’ violentemente sui cardini di metallo consunto che quasi li strappò via dal legno umido nel quale erano avvitati. Non c’era nessun meccanismo: era stato Shu a spingerla via con un calcio, non appena si era reso conto che qualcuno era riuscito a disinnescare la trappola.

Senza nemmeno controllare chi fosse, esplose un colpo di archibugio verso di noi. Zei si salvò grazie alla piccola stazza: essendo femmina era più minuta di un maschio Paigru e i pallini le sfiorarono le antenne. Fu sbalzata via dal colpo e sicuramente per i cinque minuti successivi non sentì altro che un fastidioso fischio nei padiglioni auricolari. Il colpo invece avrebbe potuto uccidere me, se io non l’avessi anticipato. Non appena notai la porta che si apriva, scartai di lato gettandomi nei cespugli intrisi d’acqua. Sapevo che Shu era un pazzo sociopatico, xenofobo e codardo. Sapevo che sulla porta c’era una trappola. Sapevo anche che se non lo avessi avvertito che Zeimaldes era con me, le avrebbe fatto saltare la testa con un secondo colpo di trombone.

«Aspetta, Shu! Sono io, Caidon! Calmati!» Gridai, emergendo dal cespuglio, coperto di fango e di foglie fradicie. Shu attese qualche secondo, giusto il tempo che la pioggia impiegò a lavarmi via il fango dal muso.

«Caidon! Per quella puttana della Regina… che cazzo ti viene in mente di bussare alla mia porta senza nemmeno avvisare? Pensavo fosse la banda di Feidolm…»

«Sono appena tornato dall’altopiano roccioso… ma cazzo, Shu, devi dei soldi anche a Feidolm?» Ribattei, avvicinandomi a Zei e aiutandola a rimettersi in piedi. Come immaginavo, Zei non riusciva a udire nulla di quello che dicevamo: il colpo le era esploso troppo vicino al foro uditivo, sarebbe rimasta assordata ancora per qualche minuto. Non c’era pericolo che intercettasse frammenti di conversazione che non avrebbe dovuto ascoltare, per questo avevo fatto riferimento con estrema tranquillità a Feidolm e ai suoi affari con Shu. Shu comunque non mi rispose, e non riprese l’argomento nemmeno in futuro. Si affrettò invece a riporre il fucile dietro lo stipite destro della porta.

«Scusami… quella larva è con te?»

«Non sono una larva! Mi chiamo Zei!» Ribatté Zeimaldes scrollandosi le mie mani di dosso, come se non avesse più bisogno di una mano.

«L’udito ti sta tornando velocemente.» Le feci notare.

«Come?» Chiese.

Ridemmo tutti e tre. Shu ci fece cenno di entrare e noi ci togliemmo molto volentieri da sotto la pioggia. La casa di Shu odorava di piscio e di polvere da sparo. Ero sicuro che Zei sentisse lo stesso odore che sentivo anche io, ma si comportò come se nulla fosse. Si andò a sbracare sul divano, come fosse casa sua. Io restai a parlare con Shu. Un vecchio Paigru, con setole spesse che gli adornavano il capo e l’espressione perenne di chi ne ha viste troppe. Pur di fare affari, Shu si era infilato spesso in faccende pericolose, uscendone vivo per miracolo. Io ero solito rivolgermi a lui quando avevo bisogno di qualcosa di raro e a poco prezzo.

«Mi piace la ragazza. Hai già fecondato le sue uova?» Mi chiese.

«Non dire cazzate, Shu. – Gli risposi, offeso. – È troppo giovane persino per una prima covata, e comunque sai bene che è proibito. Solo la Regina ha diritto a crescere uova fecondate. È la legge.»

«Sì, lo so… – Bofonchiò Shu agitando le mani in aria. – Ma sai com’è… c’è la legge… e poi c’è la vita di tutti i giorni. Non è che nascano solo figli della Regina. È così da sempre. Sai cosa intendo dire. E poi se a me personalmente una come quella mi chiedesse di fecondarle la covata… beh, non mi tirerei indietro.»

Lo colpii con un pugno in faccia. ➤ 002

«Aspetterò che me lo chieda, allora.» ➤ 024

«Possiamo parlare di affari, per favore?» ➤ 046

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