Home Artists Posts Import Register

Content

Quando il freddo del mattino mi costringe a restare a letto ben oltre il fastidioso trillo della sveglia, a volte ricordo quando eri qui a fianco, avvolta nelle lenzuola, cercando di sfuggire alla luce dell’alba. Ci sono colazioni che immagino di vederti saltare, prendendo solo una tazzina di caffè e niente altro, mentre io divoro biscotti inzuppati nel caffellatte. Pochi ricordi sono più felici di quando entravamo nello stesso box doccia e il profumo di quel disgustoso shampoo alla mela verde mi raggiungeva le narici. Ma era anche l’odore dei tuo capelli appena lavati, quindi col tempo ho imparato a non farne più a meno. Adesso, nella doccia, c’è sempre una bottiglia formato famiglia di shampoo alla mela verde, che non uso mai perché preferisco quello delicato sulla pelle. Una piccola parte dell’armadio di casa era dedicata alle mie t-shirt stropicciate, il resto esponeva in modo vagamente ordinato i tuoi vestiti. Ora gran parte dell’armadio è vuoto, e nel tentativo di sfuggire a quel vuoto cerco di riempirlo con scatole vuote di elettrodomestici che non uso. Un aspirapolvere a batteria. Una lava-pavimenti controllato tramite cellulare. Un robot da cucina che ha mille usi e nessuna utilità, per me. Tengo di cuscini in più ammucchiati nella parte alta dell’armadio, immaginando che profumino ancora di mela verde. So che è impossibile. Quando arriva l’ora di pranzo scongelo del pane, affetto del formaggio, vedo una serie in coreano che non termina mai. Non ricordo perché vedevamo le serie in coreano. Nessuno capisce il coreano, si fa pratica solo a leggere i sottotitoli, non rendono nulla più bello. Ma ho imparato ad apprezzare le serie in coreano, continuo a guardarle, mentre mangio, mentre prendo un caffè, mentre sparecchio il tavolo dalle poche cose che ci restano sopra dopo un pasto. Pile di libri si sono accumulati sul comodino, non puoi più leggere quelli che ti compro. Li leggo io, di tanto in tanto, quando faccio l’errore di comprarti un libro che forse avrei dovuto comprare per me, perché lo volevo leggere io. Finisco per regalarti quello che mi piace anziché quello che piace a te, pur sapendo che non potrai più fingere che siano buoni regali, bei pensieri, che un giorno davvero li leggerai.

Quando il sole tramonta guardo verso le montagne a Est e inutilmente cerco di percepire il loro graduale passaggio dal bianco sporco al rosa caldo. Durante queste ore non erano le montagne a colorarsi di rosa caldo, ma il tuo volto mentre sbirciavi fuori dalla finestra. Si colorava del colore del tramonto, gli occhi risplendevano di luce calda e riflessa, non ho ancora trovato nessun’altra immagine che mi trasmetta la stessa pace, la stessa tranquillità. Tutto restava immobile e in silenzio, mentre spingevi lo sguardo lontano. Il rumore bianco si assottigliava, i rumori molesti sparivano, niente clacson di vetture distanti, niente frignare di bimbi capricciosi, niente miagolare di gatti randagi. Restavi solo te, il tramonto, gli occhi lucidi.

Dopo cena, preparando il letto, mi chiedo a cosa mi servano due lampade e due comodini, due pile di libri, due prese della corrente dove attaccare due telefoni cellulari, due sveglie e due paia di ciabatte. Posso allargare le braccia e le gambe sotto il piumone, senza pericolo di imbattermi in altre braccia e in altre gambe. Lascio un bicchiere d’acqua sul comodino, casomai avessi sete, durante la notte. Ma non puoi più berlo. È un rito, nulla di più. Non puoi più berlo, resterà lì, colmo d’acqua trasparente che domani mattina sarà di vecchio, di polvere, e dovrò rovesciarla nel lavandino. Non puoi più berlo e non può farlo nemmeno il tuo fantasma.

No, non sei morta. Sei altrove. Sei un fantasma per me, ora che non ci sei più, che non sei più qui. Sei il mio fantasma, personale.

Files

Comments

No comments found for this post.