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Deve esserci qualcosa, qualche altra cosa, un modo per fuggire, per andartene, per non continuare a sopportare tutto questo. Ti volti a destra e a sinistra, guardi in alto, in basso, attendi che la tua vista si abitui alla semi-oscurità, cerchi ancora.

Dopo qualche minuto ti rendi conto che nella stanza c’è una presenza che non avevi notato: un altro prigioniero, qualcuno che non conosci. Torci il collo all’indietro, fai leva sulla tua stessa testa e inarchi il corpo quanto basta per scorgerlo.

«Ehi! …ehi, tu! EHI!» Tenti di attirare la sua attenzione, ma non sembra funzionare. Una selva di capelli neri gli copre la testa e non riesci a definirne i lineamenti. Riesci a intravederne la figura solo capovolta, e dopo qualche attimo il tuo collo si indolenzisce costringendoti ad appoggiarti di nuovo sulla panca. Ma ti ha sentito. Geme qualcosa. Ti sollevi nuovamente per riuscire a vederlo. Noti le sue gambe si sollevano e la sua testa che si scuote.

«Che c’è?» La voce è femminile. Hai come l’impressione di averla già incontrata, come se si trattasse di una vecchia amica d’infanzia, forse qualcuno che conoscevi in passato, prima di tutto questo. Sapendo di avere almeno una mezza dozzina di cavi che giocano col tuo sistema nervoso, soprassiedi su certe sensazioni e mantieni il sangue freddo.

«Aiutami!» Le sussurri.

«Come?» Ti chiede.


Puoi chiederle di tirare uno dei cavi che sale fino alla tua schiena: ce ne devono essere diversi alla portata dei suoi piedi e uno in particolare passa proprio sotto il suo stivale destro e risale fino al tuo corpo ➤ 26

Puoi chiederle di colpire con un calcio uno dei grossi cilindri alle sue spalle. Sembrano delle batterie. Ovviamente non hai idea di cosa potrebbe succedere se ne rompesse uno ➤ 45

Puoi chiederle di urlare e attirare l’attenzione ➤ 41

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Claudio

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