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Era Veronica. I capelli rossi le brillavano alla luce del sole, li portava sciolti lungo la schiena. Indossava un vestito lungo a fiori che le lasciava scoperte le spalle. Larghe e tempestate di lentiggini. Mi scrutava con i suoi enormi occhi verdi. Il suo naso tondeggiante si arricciò per un attimo, storse la bocca.

«Ma sei fuori? Che cazzo ti sei fumato?»

Ora sì che la riconobbi. Mi diede una pacca sulla spalla, con l’intenzione di scuotermi.

«Lasciali giocare, non possono farsi male. Ho chiesto loro di non uscire dal cortile.»

Con un gesto del mento indicò i ragazzini, che si stavano rotolando sul mattonato rosso gridando e ridendo. Sembravano genuinamente felici. Felici di esistere, semplicemente.

«Oh… ma non è quello… – Balbettai. – È che io…»

Non sapevo cosa dire. Di fatto non sapevo nemmeno dov’ero. Chi erano quei ragazzini? Chi ero io? Ogni cosa attorno a me mi risultava familiare ed estranea allo stesso tempo. Come era possibile? Anche Veronica… familiare… ed estranea. Tese la mano, come a voler afferrare la mia per condurmi altrove. Probabilmente dagli altri.



La fissai per qualche altro secondo [è richiesto che ci sia un ❤︎ segnato sulla scheda di Veronica, accanto al suo nome; controlla in fondo al libro, dove ci sono le schede dei personaggi; se questo è il primo libro che leggi non puoi fare questa scelta, semplicemente ignorala] ➤ 18

Lasciai che mi conducesse dagli altri ➤ 48

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