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Non avevo idea di cosa fosse quella specie di cuore di circuiti stampati, schede e cavi aggrovigliati, ma Christopher voleva che lo prendessi, quindi lo raccolsi da terra. Non avevo tasche dove infilarlo, quindi sarei stato costretto a tenerlo in mano per tutto il tempo, una scomodità che (ne ero sicuro) prima o poi mi avrebbe ripagato.


Una volta chiusasi la pesante porta, eravamo a tutti gli effetti sigillati all’interno di quella stanza, nella semi-oscurità e avvolti da un silenzio quasi soprannaturale, causato dalle decine di cavi di gomma che ricoprivano ogni parete.

«Dobbiamo muoverci, non possiamo rimanere qui.» Suggerii.

«Non vedo nulla.» Una voce nel buio mi rispose. Man mano gli occhi si abituavano all’oscurità, e distinguere i dettagli diveniva più facile. La poca luce che aleggiava nella stanza, come sospesa nell’aria densa e scura, era emessa dalle spie luminose o dagli schermi che spuntavano qua e là dalle mura, ma in molti casi quella luminescenza era soffocata dagli innumerevoli cavi penzolanti che traboccavano dai pannelli aperti, riversandosi sul pavimento oppure protendendosi da una presa all’altra, in un intrico di fibre nere e disordinate che andavano inevitabilmente a coprire i piccoli monitor.

«Se i cavi convergono verso quell’alcova… – Feci notare. – Forse c’è un passaggio che conduce da qualche altra parte. Basterà seguirli.»

Io stesso ero poco convinto di quella soluzione: l’intrico di cavi che si infilava in quel cunicolo era davvero fitta, e c’era la possibilità che più avanti la strettoia si riducesse ulteriormente, oppure che terminasse con una parete cieca e gremita di prese, e che quindi non ci fosse alcuna uscita ma solo un vicolo cieco. Tuttavia, l’alternativa qual era? Attendere al buio?


«Andiamo.» Dissi, e mi infilai per primo nel passaggio. ➤ 101

«Attendiamo. Solo un poco.» Suggerii, accostandomi a una parete. ➤ 100

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