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Una busta sottile scivolò sotto la porta, proprio quando Madame Leroix era sul punto di uscire di casa. Alla sua età, con la schiena non proprio in ottime condizioni e i tacchi alti perché “non si può rinunciare ai tacchi alti in pubblico”, l’unica cosa che Madame Leroix poteva permettersi di fare fu ruotare gli occhi e rivolgerli al cielo. Sospirò, quindi si guardò attorno.

«Clementine?» Chiamò. La sua minuta domestica si affacciò dalla porta della cucina. «Per favore, potresti farmi la cortesia di raccogliere questa busta? Questa gonna è troppo stretta…»
«Ma certo, Madame Leroix.» Le rispose Clementine, mentre già strofinava le mani sul grembiule. La domestica, una ragazza dai lineamenti asiatici alta meno di un metro e cinquanta e con dei lunghi capelli neri raccolti grazie a mille mollette e fermagli, si fece avanti fino a intravedere la busta che spuntava per metà da sotto la porta. Si chinò con calma e la raccolse.
«C’è il suo nome scritto sopra, ma non è indicato il mittente. Vuole che la apra, Madame?» Domandò.
«Non dire sciocchezze. È indirizzata a me! So leggerla da sola.»
Madame Leroix le strappò di mano la busta e con un cenno della mano la esortò a tornarsene in cucina. Senza nemmeno voltarsi, tese l’orecchio per accertarsi che la domestica si stesse allontanando. Nel mentre appoggiò il bastone da passeggio allo stipite della porta. Rigirava la busta nervosamente tra le mani. Quando Clementine fu abbastanza lontana da non sentirne più lo struscio delle scarpe sulla moquette, le dita di Madame Leroix si mossero con rapidità in cerca dei lembi di carta ed estrassero dalla busta un biglietto quadrato di cartoncino bianco, sul quale era riportato quanto segue:

“IL SIGNORE NON PERDONA - TI ASPETTA L’INFERNO”

Scritto in stampatello, su due righe, senza punteggiatura. Madame Leroix trasalì, ma non cedette alle emozioni. Deglutì, strinse gli occhi e reinserì il biglietto nella busta, poi infilò la busta in una tasca della giacca. Raccolse il bastone, lo puntò a terra e si apprestò ad aprire la porta, ma quando tese la mano si paralizzò. E se la persona che aveva infilato la busta sotto la porta la stesse aspettando proprio lì, oltre la soglia, nel corridoio, in piedi? Forse aveva infilato la busta sotto la porta e poi si era fermato ad attendere se lei, dopo averne certamente letto il contenuto, fosse uscita oppure no.
«Clementine!» Chiamò Madame Leroix.
«Sì, Madame.» Rispose la domestica, uscendo di nuovo dalla cucina.
«Ho bisogno di un altro favore, vieni.»
Clementine si chiese se qualcosa non fosse perfetto nell’abbigliamento della signora, o se si fosse accorta di qualche mancanza del riordinare o spolverare quella parte di salotto nei pressi dell’ingresso. Ad ogni modo era piuttosto insolito che Madame Leroix se ne stesse da diversi minuti ferma e in piedi davanti alla porta, senza aprirla e senza uscire. Avvicinandosi alla padrona di casa, Clementine non poté fare a meno di notare che la missiva che aveva poc’anzi raccolto da sotto la porta non era più in vista. Dette per scontato che Madame Leroix l’avesse letta, e poi riposta in un cassetto del comò lì di fianco o in una tasca dell’elegante tailleur.
«C’erano cattive notizie, Madame?»
Madame Leroix la fulminò con lo sguardo.
«Pessime, Clementine. Pessime.»
«Cosa posso fare per lei?»
«Potresti gentilmente aprire la porta e controllare che non ci sia nessuno nel corridoio?»
Clementine deglutì. Il condominio era un luogo molto tranquillo, il costo degli appartamenti nel palazzo era proibitivo per le classi sociali più povere e quasi tutti erano stati comprati da famiglie estremamente benestanti o da studi di avvocati. In portineria c’era sempre almeno un portiere e due guardie di sicurezza erano pagate per tenere d’occhio l’ingresso. Inoltre l’intero edificio era munito di un sofisticato sistema di allarme con tanto di telecamere. Perché mai, quindi, Madame Leroix avrebbe dovuto temere di aprire la porta? Al massimo avrebbe potuto imbattersi in un altro inquilino, o in un addetto dell’impresa delle pulizie che lustrava i pavimenti passando la lucidatrice. La richiesta la turbò.
«Qualcosa non va, Madame?» Chiese, esitando.
«Apri la dannata porta!» La sgridò la signora.
Clementine chiese scusa e si spostò di fronte alla padrona, poi raccolse la chiave appesa di fianco alla porta, la infilò nella toppa e le fece fare diversi giri. La porta, blindata come se la casa fosse una cassaforte, emise i soliti gemiti metallici mentre le aste di ferro si ritiravano dalle alcove. Infine, con l’ultimo giro, la serratura scattò. Clementine tirò la porta a sé e sbirciò attraverso la fessura.
«Buonase…» Disse. Poi le esplose la testa. La canna di un fucile le era stata appoggiata sulla fronte ed era stato premuto il grilletto. Il comò si dipinse di rosso e pezzi di cranio e di cervello si sparsero sul pavimento della stanza, macchiando per sempre la moquette. Il corpo di Clementine cadde pesantemente a terra. Quando la porta si spalancò, con violenza fu scostato di lato lasciando una scia rossa ai piedi di Madame Laroix.
La signora chiuse gli occhi. Sapeva bene che prima o poi quel giorno sarebbe arrivato. Non conosceva l’uomo con il fucile che le si parava innanzi, ma il modo di vestire e i lineamenti lo caratterizzavano in maniera anonima. Era un sicario come tanti, o forse nemmeno quello. Un galoppino, un esecutore. Padre Jerome aveva esaurito la pazienza, per l’ultima volta aveva concesso a suo nipote un prestito senza che lui onorasse il debito. Madame Leroix aveva garantito per suo nipote, quell’imbecille, e Padre Jerome era stato chiaro:
«Se non mi restituirete tutto, con gli interessi, entro questa Pasqua, andrete entrambi all’inferno. Prima tua zia, e poi tu, stupido ragazzino viziato. Questo denaro non è mio, appartiene al Signore. A me è stata concesso il privilegio di amministrarlo secondo il suo volere. Ma chi tradisce la fiducia del signore, viene punito severamente.»
Le parole di Padre Jerome riecheggiavano nella mente di Madame Leroix. Con la mano sinistra si tolse il cappellino piumato. L’acconciatura era ancora perfetta. L’omone sollevò il fucile con entrambe le braccia, lo fece scattare. Un bossolo cadde a terra senza tintinnare. La moquette. Madame Leroix sentì la bocca della canna toccarle la fronte. Era rovente, come l’inferno. Non udì il colpo esplodere.

Quando riaprì gli occhi, era ancora in piedi, davanti a una porta. Vestita di tutto punto, con l’acconciatura e il trucco perfetti, il cappellino piumato, la giacca e il bastone da passeggio. E le scarpe con il tacco alto, senza le quali non si esce in pubblico. La porta però non era quella di casa. Era una porta di legno fissata con cerniere di metallo rugginose su una parete di pietre scure. Faceva freddo, Madame Leroix sentì il gelo risalirle lungo le gambe.
«La apro la porta.» Le disse Clementine, che non aveva più la faccia.
«Grazie, cara.» Rispose Madame Leroix, poi varcò con piglio deciso la soglia.

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