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So che ogni tanto, quando i tuoi genitori sono indaffarati in casa, oppure quando sono distratti da un litigio, tu ne approfitti per saltare oltre le siepi nel retro del giardino, scavalcare la vecchia staccionata, e attraversare il campo di gramigna e erbe selvatiche che si estende dalla casa dei Flint fino al rumoroso torrente ai piedi della collina. Ti ha sempre attirato quel torrente, le sue rive rocciose, le piccole cascate, lo scosciare delle acque limpide. Ma sei stato avvertito: quel posto è pericoloso. Hai sempre pensato che i tuoi genitori, i vicini di casa e gli amici te lo dicessero per un eccesso di premura nei tuoi confronti, perché hai undici anni e temono che tu possa scivolare su una pietra coperta di limo e cadere in acqua. La corrente non è così forte e il torrente non è così profondo da riuscire ad affogare un ragazzino di undici anni, ma il fondale è irto di pietre aguzze e a volte queste pietre si ergono fino a un pelo dalla superficie. Di certo cadendo potresti spezzarti una gamba, o se va peggio, l’osso del collo.

Ed è proprio così che morì Tom Berry, in quello stesso ruscello, nel dicembre del 1694. Tom aveva undici anni e la sua famiglia era molto povera. Il ragazzo usciva spesso a giocare nei campi, vestito solo di un saio ricavato da un sacco di tela iuta, grinzoso e pesante. La tela sfregava continuamente contro la sua pelle bianca e tenera mentre correva e giocava spensierato, con il risultato che la sera le sue braccia e le sue gambe erano sempre piene di abrasioni rossastre, come se qualcuno l’avesse preso a scudisciate. Ma la madre di Tom non aveva molti altri vestiti della sua misura, e teneva le camicie di lino e i pantaloni di buon tessuto per la domenica, quando tutta la famiglia andava a messa, ed era necessario presentarsi a modo di fronte agli occhi del Signore. Per questo motivo ogni volta che Tom usciva a giocare, la madre gli infilava il sacco di iuta e glielo stringeva in vita con un cordino di canapa. «Vai, adesso puoi sporcarti e rotolarti nell’erba quanto vuoi. E non dimenticare di prendere una lanterna: fa buio presto in questo periodo, e non devi perdere la via di casa.» Gli diceva. E Tom correva via allegro, a scorrazzare per prati, con una lanterna in mano che gli avrebbe ricordato, quando avesse avuto bisogno di accenderla, che era ora di tornare a casa.

Un giorno, nel dicembre del 1694, Tom stava rincorrendo una foglia secca che scivolava sulla superficie dell’acqua, e inciampò su una radice nera. Cadde con la faccia nel torrente, e cozzò la fronte contro una pietra che si ergeva a pelo d’acqua. Le sciabordanti cascatelle del corso d’acqua si tinsero di rosso. Tom svenne per il colpo, col la faccia immersa nel torrente. L’acqua gli impregnò i polmoni senza che potesse cacciarla fuori. Morì così, a faccia in giù e con le braccia distese, il suo corpicino trattenuto dalle pietre che non lo lasciarono scivolare a valle. Quella sera non tornò a casa. La madre si preoccupò, ma fu rassicurata dal padre che le disse che il ragazzo era furbo, forse era stato colto dalla notte e aveva chiesto riparo a qualcuno. Nel frattempo iniziò a nevicare. Aveva già nevicato, nei giorni precedenti, e la nuova neve cadde a ricoprire i campi già in parte imbiancati, formando una coltre bianca e candida che seppellì i prati, i cespugli, le radici e le foglie secche. E anche il corpo freddo di Tom Berry. Al buio, coperto di neve, immerso nell’acqua ghiacciata e privo di vita, il corpo di Tom Berry fu notato da un Signore dei Tritoni. Il Signore dei Tritoni era uscito dal letargo rischiando la vita perché lo spirito di un innocente morto nel ruscello ne aveva disturbato il sonno. Aveva nuotato contro corrente nelle acque gelide fino a trovare il corpo bluastro e semi-congelato del piccolo Tom. Allo stremo delle forze per quel viaggio estenuante, e impietosito dalla vista del cadavere del ragazzino, decise di nuotare dentro la sua bocca e di stabilircisi per sempre.

Fu così che alle prime luci dell’alba, Tom Berry tornò in vita. Si scosse la neve e il ghiaccio di dosso. La sua pelle livida era chiazzata di un verde insolito e i suoi occhi brillavano di una luce sinistra. Dal saio di iuta spuntava una coda che terminava con una membrava a forma di pinna, come quella di un tritone. Aveva perso i capelli e denti aguzzi erano cresciuti al posto di quelli precedenti, spuntando dalle gengive nere. Si mosse barcollando verso la lanterna, la afferrò e poi si inoltrò tra gli alberi, scomparendo nella bruma ghiacciata.

Si dice che da allora, una creatura chiamata “tonberry”, ribattezzato dai popolani come “pug” o “dingleberry”, compaia nelle notti più umide tra gli alberi sulla riva di quel torrente. Si muove lentamente, come se fosse intirizzito dal freddo. Indossa un saio di iuta e i suoi occhi brillano alla luce della luna. In una mano stringe una lanterna, accesa, per ritrovare la via di casa. Nell’altra stringe un coltello, con il quale uccide le sue vittime se queste non si accorgono che il tonberry è scivolato fino alle loro spalle. Quando un tonberry prende una nuova persona, ne trascina il corpo in acqua e attende che si trasformi. Diventerà anche lui un tonberry, e infesterà le acque del torrente nei secoli a venire. Questa è la falsa vita che il Signore dei Tritoni ha donato al piccolo Tom Berry, e questo è il vero motivo per cui è molto pericoloso giocare nei pressi del ruscello. Quindi, bambino mio, quando il sole si avvicina all’orizzonte, la sua luce si fa più calda e filtra tra gli alberi della boscaglia, tu non attendere che la nebbia ghiacciata scivoli sul terriccio umido fino a lambirti le caviglie. Torna a casa. Torna dai tuoi genitori.

Sbrigati, finché sei ancora in tempo.

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