Home Artists Posts Import Register

Content

La app si installò in pochi minuti, e la sua icona per metà rosa e per metà nera apparve nella schermata del telefono di Lele. Tuttavia Lele non la aprì subito. Per prima cosa perché non gli piaceva che a tavola si giocasse con i cellulari, era questo che aveva insegnato a Giorgia e Carlo, i suoi due figli; inoltre Veronica sedeva di fianco a lui, a tavola, e non era davvero il caso che scoprisse che suo marito aveva scaricato una app del genere. Ne avrebbe inficiato l’effettiva utilità della app stessa!

Mangiò con calma. Cotoletta e piselli. Il primo ad alzarsi da tavola fu Carlo, naturalmente, con la scusa di finire i compiti. Più probabilmente, la sua ragazza lo aspettava per chattare un po’. Veronica quindi iniziò a ritirare i piatti, e fu quello il segnale che la seduta era sciolta. Giorgia rimase seduta al suo posto ma estrasse il cellulare con la cover glitterata, sicura che ormai le regole dettate dal padre potessero essere ignorate. Lele le lanciò un’occhiataccia, che lei non recepì perché i suoi occhi erano incollati al piccolo schermo, quindi si unì alla moglie nello sparecchiare. Mentre allineava i bicchieri nella lavastoviglie, notò che Veronica anziché sdraiarsi sul divano, indugiava davanti allo specchio sistemandosi i capelli.
«Stasera esci?» Chiese, senza lasciar trapelare particolare interesse.
«Solo un’oretta. Loredana mi ha chiesto di prendere una tisana insieme… forse deve parlarmi della situazione di suo padre, pare che sia peggiorato. Ieri sera l’hanno intubato.»
«Mmh-mmh.»
Senza destare sospetti, Lele sbloccò il cellulare e avviò l’app. Mentre il telefono caricava l’applicazione, continuò a disporre i piatti in lavastoviglie, simulando anche una certa dedizione al compito. Ma con l’occhio, teneva sotto controllo lo schermo.
«Esco, allora. – Disse Veronica. – Fra un’ora. A più tardi.»
La porta di casa si aprì e si chiuse. Lele si fiondò sul proprio cellulare.

«Mettila subito a fare, la lavastoviglie, che poi ti dimentichi.» Gli suggerì Giorgia, alzandosi dalla sedia, visto che la tavola ormai era completamente sparecchiata. Continuò a fissare lo schermo del cellulare anche mentre saliva le scale per andare in camera sua.
Lele aveva annuito alle parole della figlia, ma era troppo preso dalla nuova app per eseguire il pur semplice gesto di avviare l’elettrodomestico. Non ora, non proprio quando la app iniziava a fargli le prime domande.

“Consenti ad HALF di accedere alle informazioni disponibili sui tuoi profili di Facebook, Twitter, Instagram, Pinterest, Twitch, Youtube, Tiktok e alle tue email? Nota bene: HALF non posterà mai nulla sui tuoi profili, né ti invierà alcuna mail. L’autorizzazione tuttavia è necessaria affinché HALF funzioni correttamente. - CONSENTIRE? SÌ / NO”

Lele non ci pensò molto. Una app del genere sicuramente non stava a sottilizzare quando si trattava di usare i dati personali dei suoi utenti: ne aveva bisogno. Cliccò sì. Poi passò i successivi venti minuti ad accedere a tutti i vari profili social in modo da acconsentire a condividere le loro informazioni con HALF. Al termine della noiosissima procedura, HALF lo stupì per la prima volta mostrandogli una foto di Veronica.

“Conferma che il soggetto da valutare sia Veronica De Lollis? SÌ / NO”

Cliccò sul sì. Si guardò attorno. In sala da pranzo non era rimasto più nessuno. La casa era immersa nel silenzio. Se avesse dovuto tirare a indovinare, Giorgia probabilmente stava ascoltando musica con le cuffie sdraiata sul letto, e Carlo, finito di chattare, stava giocando con la console, anche lui chiuso in camera sua. Adolescenti.

Il telefono gli vibrò tra le mani. HALF gli aveva inviato un messaggio.

“Tua moglie Veronica ti sta tradendo. Clicca per maggiori informazioni.”

«Ma cosa cazzo…» Mormorò Lele, basito. Poi, sollevando gli occhi al cielo:
«Lo sapevo. Lo sapevo! Per questo ho scaricato questa cazzo di app!»
Cliccò per avere maggiori informazioni. Sullo schermo comparvero diverse foto, perlopiù di cibi e bevande, le classiche foto che si fanno alle pietanze per far schiattare di invidia gli amici più cari. C’erano però anche foto di Veronica. E anche quelle di Mario, il suo parrucchiere. Non erano tuttavia foto in cui sua moglie e il parrucchiere erano in primo piano. Erano invece sempre sullo sfondo, in un angolo, sfocati, oppure nemmeno era possibile vederli in volto (ma Lele era in grado di riconoscere i vestiti e i gioielli della moglie, anche se nella foto apparivano solo fugaci dettagli di lei). Il testo che accompagnava la raccolta di foto diceva che c’erano anche due video e trentaquattro prove scritte che avvaloravano l’ipotesi del tradimento. Lele evidenziò la cartellina delle prove scritte e cliccò su “approfondisci”. Constatò che si trattava perlopiù di post pubblici e commenti di Veronica o di Mario, nei quali era possibile, leggendoli con malizia, scorgere delle allusioni o dei velati complimenti. Dei flirt insabbiati, insomma, che HALF aveva acutamente portato alla luce.

“HALF vorrebbe inviarti delle notifiche push ogni volta che Veronica e Mario si incontrano. - CONSENTIRE? SÌ / NO”

«Beh… ovvio che sì!» Esclamò Lele. Immediatamente il cellulare vibrò e comparve un altro messaggio.

“HALF vorrebbe inviarti delle notifiche push ogni volta che Veronica e Mario fornicano. - CONSENTIRE? SÌ / NO”

«Cosa?» Esclamò, ancora più ad alta voce.
«Che succede, papà?» Chiese Carlo. Il ragazzo doveva essere uscito in quel momento dalla sua camera, forse per andare in bagno. Dalla cima delle scale, doveva aver sentito Lele esclamare qualcosa.
«No, niente… sto litigando con… i piatti in lavastoviglie. Non riesco a incastrare questa… padella.» Balbettò Lele. Le mani gli tremavano. Dieci anni di matrimonio. Inspirò profondamente, cercò di riprendere il controllo di se stesso. I suoi figli, comunque, dovevano restarne fuori. Almeno per ora. Erano ancora minorenni, anche se Carlo avrebbe compiuto i diciotto il prossimo Settembre. Non era il momento per farsi prendere dal panico.
«Non preoccuparti. Ora risolvo.» Aggiunse, con maggiore fermezza nella voce.
«Okkei.» Disse Carlo, chiudendosi alle spalle la porta della camera.

Lele acconsentì. Con dolore, ma cliccò. Deglutì e sentì salire le lacrime agli occhi. Lesse cosa diceva HALF:

“Nelle prossime ore, la invitiamo a inviarci un feedback sull’attendibilità delle ipotesi di HALF. I feedback ricevuti miglioreranno notevolmente le future ipotesi. Per inviare un feedback, cliccare su INVIARE FEEDBACK nel menù CONTATTA.”

Quindi erano ipotesi. Ma certo, non potevano essere altro. Era una app, non Dio. Aveva incrociato tutti i dati a disposizione e aveva tratto una conclusione che, per quanto potesse essere probabile, era ben lungi dall’essere una certezza. Lele sentì scaldarsi il cuore, e inspirò profondamente. Nel frattempo, sullo schermo, HALF mostrava un cuore rosa che si capovolgeva e diveniva lentamente il segno di picche, nero.

«Col cazzo.» Mormorò Lele. Afferrò cappotto e chiavi, e uscì di casa. La app non era in grado di rintracciare sua moglie, almeno non finché non veniva sbloccata quella funzione immettendo i dati del cellulare di Veronica. Ma Lele sapeva dove fosse, o meglio dove aveva detto che sarebbe andata: alla tisaneria “Ponte di Rose”, una specie di sala da tè che si trovava poco distante, ai margini di una rotatoria, uscendo dal quartiere. Forse non era lì, forse gli aveva mentito, ma la sua speranza si basava sul vecchio concetto che quando si mente, si tende a mentire il meno possibile, in modo da minimizzare la possibilità di essere scoperti. Era un concetto molto valido. Cinque minuti dopo, Lele parcheggiò sul ciglio della strada a pochi passi dal “Ponte di Rose”. Che poi, ma quale cazzo di ponte? Non c’era mica, un ponte, da quelle parti. Scendendo dalla macchina controllò il cellulare. C’erano due messaggi di Carlo. Dicevano: “Papà dove stai andando?” e “Papà, tutto ok?”. Rispose: “Tutto ok sto andando a buttare l’immondizia.” Ricevette immediatamente un altro messaggio: “In macchina?” Non rispose. Era ormai giunto a pochi metri dalla tisaneria, e riusciva a gettare uno sguardo nel locale attraverso le vetrate. Non riconobbe né Veronica né Mario tra i clienti ai tavoli. Ne fu sollevato, perché dapprima non pensò che la moglie potesse avergli mentito (cosa che aveva fatto, visto che sarebbe dovuta essere lì con Loredana), bensì al fatto che la app avesse preso un granchio. Non c’era alcun tradimento in corso. Fece un giro su se stesso, gonfiando i polmoni. Che spavento che s’era preso, per colpa di quella app di merda. Quasi come se fosse stata chiamata in causa dai suoi pensieri, il cellulare vibrò: HALF gli aveva inviato un messaggio:

“Tua moglie Veronica De Lollis e Mario Lambretti si stanno vedendo in questo momento. Invia un feedback per confermare questa ipotesi e aiutaci a rendere HALF una app sempre più efficiente! CLICCA QUI PER INVIARE UN FEEDBACK.”

No, non era vero! Anche se… forse non erano qui, certo, ma perché si stavano vedendo da un’altra parte, in un altro locale! D’altro canto, per l’appunto, Veronica e Loredana non erano qui. Di nuovo Lele sprofondò nel terrore e nello sconforto. Si asciugò la fronte, madida di sudore. Non aveva comunque idea di dove potessero essere. Non sapeva quali locali frequentava sua moglie, con il suo amante, a sua insaputa! Cercò di concentrarsi, di rievocare una frase, un ricordo, un attimo in cui a lei potesse essere sfuggito qualcosa, ma nulla. Non gli venne in mente niente. Poi si accorse, colto dallo sconforto, di essersi appoggiato con la mano sul cofano di una Panda color crema. Ricordò di aver visto quell’auto, ricordò che si trattava dell’auto di Mario il parrucchiere. Cazzo, erano lì! Forse Mario abitava da quelle parti? Forse sua moglie era salita da lui? No, no. Mario abitava a due passi dal centro estetico dove lavorava, sapeva anche questo. Si avvicinò di corsa al locale. Nella fretta avrebbe potuto aver visto male, forse i due amanti erano lì a sorseggiare una tisana, ma non li aveva riconosciuti. Invece no. Non c’erano.

«Desidera sedersi?» Gli chiese un cameriere, con cortesia.
«Eh? Come?» Rispose Lele, colto di sorpresa. Senza accorgersene, in effetti, si era avvicinato un po’ troppo alla tisaneria. Alcuni dei clienti seduti ai tavoli della sala interna lo osservavano con disappunto, essendosi sentiti osservati da uno sconosciuto.
«Abbiamo una sala interna e anche un giardino esterno. Dove preferisce?» Lo incalzò il cameriere. Un momento: giardino esterno? Pensò Lele. Quindi la sala che si intravedeva da qui fuori non era l’unico posto dove sedersi. C’erano altri tavoli, nel giardino esterno.
«Io… io… nel giardino esterno.» Balbettò. Il cameriere annuì e gli fece cenno di seguirlo. Nel frattempo, il suo cellulare vibrò ancora. Era arrivato un messaggio di Carlo che diceva “Guarda che l’immondizia l’hai lasciata a casa.” Ma Lele scorse con il pollice e lo eliminò, perché sotto quel messaggio c’era un’altra notifica da parte di HALF:

“Tua moglie Veronica De Lollis e Mario Lambretti stanno fornicando in questo momento. Invia un feedback per confermare questa ipotesi e aiutaci a rendere HALF una app sempre più efficiente! CLICCA QUI PER INVIARE UN FEEDBACK.”

Lele ebbe un mancamento e si appoggiò al muro, ansimando. Il cameriere si accorse che qualcosa non andava e gli si avvicinò.
«Si sente male? Non respira?»
Lele era zuppo di sudore, tanto che ormai i capelli gli restavano appiccicati alla fronte. Respirava affannosamente. Probabilmente si trattava di un attacco di panico, ma non voleva creare confusione, quindi minimizzò.
«Sto bene, sto bene… ho solo bisogno di un minuto… sono… arrivato di corsa…»
Il cameriere non si tolse quell’espressione preoccupata dalla faccia.
«Le vado a prendere un bicchiere d’acqua. Si sieda a quel tavolo.» Gli disse, poi si allontanò. Lele temeva di non riuscire a raggiungere la sedia che gli era stata cortesemente offerta: sentiva le gambe tremare. Preferì starsene ancora per qualche secondo lì, aggrappato alla parete. Appoggiò al muro anche la testa, socchiuse gli occhi. Il mondo gli girava attorno vorticosamente. L’aria intrisa dell’odore di mille erbe lo trasportava lontano. Il vociare delle persone si fondeva nelle sue orecchie in una specie di cantilena, interrotta ritmicamente da singhiozzi e gemiti ovattati. Singhiozzi e gemiti ovattati. Cosa cazzo…?
Sollevò la testa e si rese conto che alla sua sinistra c’era la porta delle toilette. “Toilette” era scritto su un cartello di legno dipinto a mano con fiori colorati. Premette di nuovo l’orecchio sul muro. Gemiti. Scivolò verso sinistra con la grazia di un geco, rimanendo attaccato al muro, per non cadere. Si infilò nella porta delle toilette pochi secondi prima dell’arrivo del cameriere, con in mano un bicchiere d’acqua.

I bagni erano puliti, profumati, ampi, luminosi. C’erano stencil di rose e fili d’erba sulle pareti e sulle porte dei gabinetti. I gemiti, ora più chiari e distinguibili, nonché sottolineati da un ansimare gravoso, provenivano proprio da uno dei gabinetti. Si avvicinò, barcollando. Si inginocchiò, ma non era sufficiente. Finì per sdraiarsi completamente a terra, sul pavimento di maioliche fredde. Da lì già vedeva delle scarpe e dei pantaloni calati. Spinse lo sguardo oltre la porta di compensato, sfruttando la fessura al di sotto di essa. Gli bastò un secondo, non di più. Si ritirò strisciando verso il muro e si sollevò a sedere sul pavimento. Appoggiò la testa su un orinatoio, estrasse il cellulare, inviò ad HALF un feedback.

Files

Comments

No comments found for this post.