Home Artists Posts Import Register

Content

Il bambino se ne stava lì a terra, contorcendosi per il dolore, gridando fino a farsi dolere le corde vocali, con il volto ormai ricoperto da una maschera viscida di lacrime e di muco.
«L’invasione è cominciata!» Gongolò il suo palloncino, con una vocina stridula, dovuta alla nuvola di elio che componeva il 99% del suo corpo, e che lo ospitava in quanto forma di vita gassosa sviluppatasi proprio in un ambiente simile. Il palloncino, in effetti, era uno scomodo involucro, un compromesso inevitabile se si intendeva conquistare il pianeta. Tra le turbolente tempeste degli strati superficiali di Temporina (o come lo chiavano sulla Terra, Gliese 436b) i temporiniani si erano evoluti a sufficienza da sviluppare una tecnologia simile al teletrasporto. In verità non si trattava di teletrasporto, ma di una sistema di controllo dello spostamento spazio-temporale in grado di eludere le deformazioni gravitazionali generate dalla massa dei corpi. Nulla che un terrestre avrebbe mai compreso, con il suo cervello composto di molecole ordinatamente aggregate in strutture complesse. La Terra non era un granché come pianeta, per i temporiniani. Avrebbero dovuto terraformarlo per qualche centinaio di anni, abbattere qualche costruzione sgraziata lì, deforestare là, sostituire l’azoto dell’atmosfera con un gas più consono alla sospensione della loro essenza. Come l’elio, appunto. Ma era già parecchio difficile trovare un posto alla giusta distanza dal sole, con una pressione decente, con il corretto apporto di energia e in grado di trattenere un’atmosfera gassosa sufficientemente densa. Non ci si poteva lamentare. Anzi, sì. Ci si poteva lamentare che fosse infestato -letteralmente- da questa specie parassita, ultimo traguardo della cosiddetta evoluzione parallela: l’uomo. Ammassi di carboidrati tenuti assieme con notevole dispendio di energia, che sfoggiavano una banale simmetria bilaterale e una così limitate percezione tridimensionale. Il temporiniano si avvicinò di nuovo al bambino, che riprese a urlare ancora più forte. Dal suo punto di vista, doveva essere terrorizzante vedere un palloncino colorato deformarsi fino ad assumere l’aspetto di un volto e poi ritrovarsi con tre dita in meno a causa di un inaspettato morso da parte proprio di quel palloncino. Il temporiniano decise di non rischiare ulteriormente la rottura dell’involucro condensando particelle tangibili all’interno del palloncino. Usò invece le micro-emanazioni del proprio corpo sfuggite alla plastica per prendere il controllo del sottile filo che penzolava al di sotto della sua massa semisferica. Rapidamente avvolse la cordicella attorno al piagnucoloso terrestre e strinse così forte da far esplodere tutti i capillari negli occhi del ragazzo in pochi secondi. Avrebbe potuto addirittura decapitarlo, stringendo ancora, ma non era necessario. La crudeltà non era un’indole temporiniana. Era un atteggiamento piuttosto terrestre, a dire il vero. Adesso doveva proprio tornare dal tizio che stava gonfiando palloncini alla festa: almeno un altro centinaio di temporiniani si stavano man mano “teletrasportando” all’interno della bombola di elio compresso che usava per gonfiare gli stupidi involucri di plastica colorati. Avrebbe potuto coordinare l’invasione più facilmente, consigliando loro di lasciarsi trasportare dal flusso e finire nei palloncini.

«Elio? Elio?» Una voce si avvicinava, pronunciando il nome del gas che era alla base della loro strategia di invasione.
«Elio, dove sei? Gli altri bambini ti stanno cercando! Fra poco c’è la torta.»
Stupido esemplare adulto. E stupido lui ad aver pensato che si riferisse al gas. “Elio” doveva essere il nome del bambino, che per puro caso coincideva con il nome terrestre del gas fondamentale per i temporiniani. Avvolse la cordicella del palloncino, pronto a colpire. Avrebbe dovuto farlo prima che il terrestre emettesse le sue fastidiose grida, alla vista della prole deceduta. Giusto una precauzione, erano abbastanza distanti dal nucleo della festa, laddove la musica era alta e gli schiamazzi notevoli.

Per un attimo, prima di colpire, ripensò alla coincidenza. Si chiamava Elio, la prima vittima della guerra per l’invasione che stava per abbattersi sul pianeta. Che confortante presagio.

Files

Comments

No comments found for this post.