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Sembrava che Veronica non aspettasse altro che la mia approvazione per utilizzare quel fucile. Mentre lo estraeva e lo puntava in direzione della creatura metallica, mi resi conto che quell’arma era della stessa fattura del nemico verso cui veniva puntata: un unico pezzo di metallo lucido sul quale stavano apparendo, proprio in questo momento, delle rune luminose. Veronica bisbigliò qualcosa. Probabilmente una frase a effetto, ma nessuno di noi le era abbastanza vicino da ascoltarla.

Un fascio di luce esplose dalla punta del fucile, irradiando con la sua luminescenza, per un attimo, tutta la stanza. Il bagliore dei riflessi ci fece chiudere gli occhi. O almeno, io giustificai così il fatto che stessi chiudendo gli occhi. La verità era che ero spaventato, e che speravo che quando li avrei riaperti, tutto sarebbe finito. Udii un boato, un rumore come di lamiere che si piegavano e diversi tonfi sordi. Temetti per un attimo di finire schiacciato da qualche enorme trave metallica, ma quando schiusi le palpebre, mi resi conto che la struttura della stanza era integra. La porta era accartocciata, distrutta, in parte divelta. La creatura era a terra, con una voragine in mezzo al grosso corpo globulare. Adesso anziché una patata, sembrava una ciambella di metallo malriuscita. Mi soffermai per un attimo ad osservare il corpo del colosso, e notai che all’interno non c’era alcun macchinario, né circuiti, né cavi. All’interno del buco causato dall’arma di Veronica si intravedeva una massa metallica leggermente più scura di quella in superficie, enervata da miriadi di piccoli fili lucenti. Di qualsiasi cosa si trattasse, era una tecnologia che non conoscevo e che mi sembrava giusto ritenere “futuristica”.

«Stai bene?» Mi chiese Emi, scuotendomi la spalla.

«Io… sì… – Balbettai. – Tu stai bene?» Le chiesi, quasi in automatico.

«Sì, certo.» Rispose, poi si mosse in direzione degli altri.

Veronica aveva stampato in faccia un sorriso beffardo.

«Visto? – Mi disse, indicando il casino che aveva combinato. – Due problemi risolti con un solo colpo di questo gioiellino! Porta aperta e creatura ostile eliminata!»

Non ero sicuro che aver sfondato la porta della stanza fosse una soluzione per qualcuno dei nostri problemi, ma non mi parve il caso di controbattere.

Ris barcollò in direzione di Emi e la abbracciò.

«Sto bene!» Disse, rivolgendosi a me con un cenno della mano. Emi annuì, come per confermarmi la cosa. Io agitai il capo abbozzando un sorriso. Avevamo sconfitto quell’essere a quanto pare, ma era davvero la cosa giusta da fare? Era un nostro nemico? E quali reazioni avrebbe scatenato questo nostro gesto? Perché se quello che avevamo distrutto non fosse stato un essere senziente, ma solo una specie di macchina che svolgeva i suoi compiti, era probabile che qualcuno, seduto in una ipotetica sala controlli, in questo momento si stesse incazzando parecchio. Inoltre non potevamo più rimanere nella stanza: con la porta sfondata chiunque sarebbe potuto entrare. Infine, c’era la curiosità di osservare, di sapere, di capire. Oltre quella porta forse c’erano delle risposte. Nessuno di noi, per quanto spaventati e agitati, avrebbe preferito restarsene ancora chiuso in quella stanza.

Fu in quel preciso momento che qualcosa si avvicinò alla soglia. ➤ 59

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