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Sia Emi che Ris sembravano abbastanza d’accordo con la mia decisione di prenderci una pausa, a quel punto. Veronica, invece, sembrava seccata per il fatto che non dessi priorità alla sua richiesta. Era bizzarro, perché nessuno aveva stabilito che si dovesse fare come dicevo io, eppure tutti si affidavano a me per le decisioni. Magari in quella situazione, ero l’unico che non aveva mostrato una qualche fragilità evidente, e che manteneva una posizione di relativa imparzialità. O forse avevo semplicemente una faccia che ispirava fiducia. Ad ogni modo quando chiesi a Emi di consultare il terminale per procurarci del cibo e rilassarci un po’, Veronica si limitò a sbuffare.

Emi finì di scorrere finestre luminosi e spuntare opzioni, un crescendo di ronzii invase la stanza. Da una delle pareti laterali si estese verso in centro un lungo parallelepipedo metallico, dal quale a loro volta si dispiegarono dei sedili circolari, disposti due per lato. Alcune sezioni del parallelepipedo si sollevarono e si aprirono, facendo fuoriuscire dall’interno nuvole di vapori caldi che si sollevarono rapidamente in aria fino a dissolversi. Nei contenitori c’erano delle pietanze dal colore poco invitante e dall’odore pungente. Dei piccoli cilindri di vetro sbucarono dalla parete allineandosi sul tavolo, colmi di un liquido trasparente che tutti speravamo fosse acqua.

«Acqua!» Esclamò Ris, con un tono di sintetico entusiasmo.

Sia lui che Emi si andarono velocemente a sedere attorno al tavolo metallico. Si guardarono l’un l’altra inviandosi segnali di diffidenza, poi Ris afferrò un bicchiere e bevve.

«È potabile.» Disse, e svuotò avidamente il bicchiere. Anche io avevo sete. In tutto quel tempo non mi ero reso conto di quanto avessi la bocca asciutta.
«Questa invece è una specie di… crema di fagioli, credo. – Disse Emi, che aveva già assaggiato anche la poltiglia marroncina. – È molto speziata.»

«Bene. – Dissi. – Mangiamo!»

Mi sedetti. Veronica si sedette vicino a me, e me lo fece notare passandomi una mano lungo il collo, mentre si sedeva. Intravidi un mezzo sorriso sulle sue labbra, e la cosa mi turbò leggermente. Aveva cambiato atteggiamento. Era come se stesse tramando qualcosa.

Le posate erano nel vano della crema, ordinatamente accatastate da un lato. Non avevamo tovaglioli né piatti personali, fummo costretti a pulirci la bocca con le maniche delle nostre avveniristiche tute, e a mangiare attaccati, quasi sfiorando ognuno la testa dell’altro.

Svuotammo il contenitore in pochi minuti.

«Allora… volevi che ci rilassassimo. – Esordì Veronica appena finito di mangiare. – Cosa dovremmo fare, esattamente?»

Mi fissava in modo ambiguo, come se quella domanda dovesse scatenare in me qualche reazione. Emi abbassò lo sguardo, e capii che c’era un’intenzione nascosta nelle parole di Veronica. In effetti, un misto di desiderio e di confusione stava risalendo dal mio stomaco. Cos’era quella sensazione? Non riuscivo a definirla. Desideravo abbracciarla, sentire il suo corpo contro il mio. Il suo modo di fare aveva scatenato in me delle reazioni emotive che avevo difficoltà a riconoscere, ma che sicuramente c’erano, sebbene ancora aggrovigliate in una matassa inestricabile. Per fortuna, Ris intervenne spezzando il silenzio imbarazzato.

«Io ricordo qualcosa, del mio passato.»

«Davvero? – Lo incalzò subito Emi. – Raccontacelo.»

Emi si era accorta di quello che era appena successo e stava cercando in quel modo di distogliere l’attenzione di tutti da Veronica.

«Solo qualche immagine. Non molto. Ricordo delle mura lisce con dei quadri tondi appesi qua e là… e dei tavoli lucidi, con vetri interattivi, come quello del terminale-specchio… poi ricordo il silenzio. Forse stavo studiando, forse… era una biblioteca! Fuori dalle vetrate il cielo era azzurro e c’era molto verde.»

Ris si fermò, assaporando quelle memorie per qualche secondo in più.

«Un ricordo della tua giovinezza.» Suggerì Emi.

«Non lo so. Ma mi è tornato in mente vedendoti interagire con il terminale.» Spiegò Ris.

«E a cosa dovrebbe servirci condividere un ricordo del genere?» Domandò Veronica.

Tutti le rivolgemmo un’occhiata di biasimo, anche io, sebbene lei non stesse prestando molta attenzione alla mie reazione, in quel momento.

«Oh, andiamo! – Riprese, alzandosi dal tavolo. – Non serve a nulla condividere frammenti di ricordi personali a caso. Va bene, semmai dovessimo ricordare qualcosa di utile d’ora in poi, lo condivideremo. Altrimenti possiamo anche tenerci quello che riaffiora per noi stessi e piantarla di perdere tempo. E ora sono stanca di cazzeggiare.»

Lo disse rivolgendosi a me, come se volesse sgridarmi per non averle risposto poco prima, e forse anche per non averle permesso di cercare un’arma.

Diminuisci il valore di Determinazione di 1 punto.
Se la Determinazione dovesse arrivare a zero (o meno)
➤ 62.

Si diresse verso il terminale.

«Cosa stai facendo?» Le chiese Emi.

«Quello che avrei dovuto fare prima. Cerco qualcosa per difenderci. Dopodiché sarebbe il caso che uscissimo da questa prigione. Voglio capire che sta succedendo!»

Lasciai fare Veronica, non era il caso di discutere con lei e alimentare ulteriormente la tensione che già si era creata. ➤ 14

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