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Eravamo tutti abbastanza vicini allo specchio da riuscire a guardarci negli occhi attraverso il riflesso. Non c’era un briciolo di serenità in quegli sguardi. Chi per un motivo, chi per un altro, tutti temevamo per noi stessi, per il nostro futuro. Avevamo riabbracciato la vita da così poco tempo, eppure ne eravamo già inebriati. Non volevamo altro che sopravvivere, andare avanti, scoprire quale sarebbe stata la nostra storia da questo punto in poi. Anche perché del passato ci erano rimaste solo briciole.

«Ecco qui, – Disse Emi, richiamando la mia attenzione. – esiste una specie di applicazione che riconosce il parlato, lo traduce, e poi lo ritrasmette attraverso una voce sintetica. Credo che sia quello che fa al caso nostro.»

Sorrisi, invitandola a procedere. L’applicazione si schiuse in una mezza dozzina di pannelli luminosi. Emi ne scartò un paio e giocò con le impostazioni di un terzo pannello, ingrandendolo e infine attivando una routine.

«Parla, Ris.» Sussurrò rivolta verso Ris. Quasi simultaneamente, scaturite da qualche emettitore integrato nello specchio, si diffusero delle parole in arabo. Ris sorrise, incredulo. Non disse nulla, sembrava bloccato dall’emozione. Probabilmente stava pensando a cosa dire, o forse in quel momento era troppo agitato e non gli veniva nulla in mente.

«Ricordi chi sei?» Domandò Emi, lasciando che l’applicazione traducesse ancora le sue parole. Ris disse qualcosa. Le sue parole venivano tradotte con grande efficienza e velocità, al punto che sembrava che l’elaboratore addirittura prevedesse cosa stesse per dire.

«Siamo…makhtumun?»

Quella domanda, in parte tradotta e in parte no, risuonò nell’aria some sospesa da uno strano eco.

«Makhtum!» Gridò Ris.

«Makthum!» Ripeté lo specchio.

«Hal nahn makhtumun?» Gridò Ris premendo una mano sul vetro e sollevando gli occhi al soffitto, in cerca di risposte da una qualche entità aleggiante nell’aria.

«HAL NAHN MAKHTUMUN?» Ripeté ad alto volume lo specchio.

«Che sta succedendo?» Chiesi a Emi, mentre indietreggiavo colto da un timore istintivo.

«Non lo so! L’applicazione stava funzionando poi… ha smesso di tradurre!»

«MAKHTUM!» Urlò Ris tra le lacrime, guardandoci e premendosi la mano sul petto. Poi batté il pugno sullo schermo più e più volte. Nessuno di noi riuscì a muoversi, eravamo paralizzati dalla paura. Ris crollò in ginocchio singhiozzando. Gli schermi luminosi che apparivano sullo specchio si spensero di colpo. Piombò il silenzio.

Mi accorsi solo allora che Veronica mi stava stringendo il braccio, terrorizzata. Emi si voltò verso di me, ma ero troppo confuso per reagire. Si avvicinò velocemente a Ris e gli accarezzò il volto, tentando di calmarlo.

«Che cosa abbiamo fatto di male per meritarci questo?» Mi sussurrò Veronica, continuando a stringere il mio braccio al petto. Non si aspettava una risposta, la sua era una domanda retorica, ma io avrei voluto risponderle. Ero stanco di non sapere nulla. Poi un cerchio luminoso si accese oltre il vetro, e un piccolo scomparto cilindrico fu espulso parzialmente dalla superficie lucida. Emi si sollevò in piedi e raggiunse il cilindro. Con cautela afferrò qualcosa al suo interno e me lo mostrò.

«Sembra… un auricolare.» Disse. Tornò a chinarsi su Ris e glielo porse. Gli occhi del ragazzo erano rossi e gonfi di pianto, ma attraverso le lacrime si accorse che Emi gli stava porgendo qualcosa. Lo afferrò e lo inserì nell’orecchio destro.

«Prova a parlare.» Gli suggerì Emi. Dal modo in cui si sgranarono gli occhi di Ris, sembrava che avesse compreso il suggerimento. Mormorò qualcosa. Una voce sintetica, tuttavia molto simile nel timbro e nel tono alla sua, ci disse:

«Capisco quello che dici.»

Emi sorrise e Ris sorrise ancora.

«Anche noi capiamo quello che dici.»

«Capisco quello che dici!» Ripeté Ris con voce sintetica.

Emi si voltò verso di me.

«L’applicazione si stava calibrando sulla voce di Ris, non si era interrotta! Quell’auricolare funziona da traduttore, ora possiamo capirci.»

Fu la prima volta che vidi la gioia negli occhi di Emi. Degluitii, finalmente. La mia bocca era rimasta asciutta per tutto il tempo. Quando mi voltai verso Veronica vidi che anche lei stava sorridendo. In un momento di sollievo aveva chiuso gli occhi e si era appoggiata con la testa alla mia spalla. Inspirai profondamente: ancora una volta avevamo avuto una prova del fatto che la stanza non era stata costruita né per torturarci né per ucciderci, bensì, come avevo ipotizzato, per metterci a nostro agio.


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«Ris… cosa stavi chiedendo allo specchio, quando sembrava che avesse smesso di tradurre le tue parole? Che significa… makhtum?» Domandai.

Le sopracciglia di Ris si aggrottarono e il suo sguardo si fece di nuovo cupo.

«Sigillato. Stavo chiedendo… se eravamo sigillati.»

«Makhtum significa… sigillato?» Gli chiese Emi.

«Sì.» Rispose lui, con la sua nuova, stranissima voce elettronica, costantemente sottolineata da mormorii in arabo.


«Ora credo che dovremmo trovare un modo di uscire di qui.» ➤ 6

«Ora credo che dovremmo armarci, come consigliava Veronica.» ➤ 14

«Ora credo che dovremmo rilassarci e mangiare qualcosa.» ➤ 29

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