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Emi sembrava incapace di gestire ulteriormente la situazione, e quando mi avvicinai a lei e al ragazzo si fece da parte invitandomi a prendere in mano la situazione.

– Non parla la nostra lingua. – Mi ripeté.

A confermare l’ipotesi di Emi, il ragazzo si rivolse a me cercando di dirmi qualcosa, ma non compresi nulla. Considerato inoltre il modo in cui sgranava gli occhi e scuoteva la testa quando era il mio turno di spiegargli qualcosa, probabilmente non capiva quello che io gli stavo dicendo più di quanto io capissi lui. Gli misi una mano sulla spalla e gli afferrai la mano, cercando supplire la mancata comunicazione verbale con un approccio più semplice. Aveva funzionato, d’altronde, quando l’avevo soccorso non appena era uscito dal contenitore: forse non aveva capito una parola di quello che gli sussurravo, ma il tono della mia voce e il contatto fisico gentile lo avevano calmato, permettendogli di superare velocemente l’orribile smarrimento del risveglio. Chiuse gli occhi non appena iniziai a confortarlo. La nebbia si diradava dalla sua mente, il brusio cessava, la luce smetteva di ferirgli gli occhi. Stava riprendendo completamente il controllo di sé.

– Emi, potresti aiutare Veronica ad alzarsi?

– Chi è Veronica? – Mi domandò.

– L’altra ragazza. Dice di ricordare il proprio nome, sa che si chiama Veronica. Forse ricorda anche altre cose, la sua memoria sembra essere meno… danneggiata, rispetto alle nostre.

– Io… preferirei restare qui con lui. – Mi confessò.

– Va bene. Lui è “riserva emergenza due”, giusto?

– Sì.

– Chiamiamolo Ris, allora.

Mi rivolsi a Ris cercando di fargli capire cosa avevamo appena deciso. Mi premetti la mano sul petto pronunciando “Due”, poi indicai Emi e scandii con precisione “Emi”. Infine indicai lui e dissi “Ris”. Lui ripeté “Ris” e annuì con la testa. Seguì una lunga catena di parole che nessuno poteva comprendere, ma Ris sembrava essersi ripreso completamente dallo shock del risveglio. Ora veniva la parte difficile: fargli capire che nessuno di noi sapeva dove eravamo e cosa stava effettivamente accadendo. Fermai il suo flusso di parole stringendogli leggermente il polso. In qualche modo doveva rendersi conto che era inutile che ci parlasse nella sua lingua, perché nessuno la comprendeva. Mi girai preoccupato verso Emi, in cerca di suggerimenti.

– Credo che parli arabo. – Disse lei.

– Conosci… l’arabo? – Domandai stupidamente.

– No. Ma ricordo il suono dell’arabo parlato, devo averlo già ascoltato in passato. È appena riaffiorato nella mia mente, assieme a una serie di immagini che credo di associare ai paesi arabi. Ma non ne sono sicura… sono immagini confuse, come se fossero sovrapposte una sull’altra.

Emi si coprì gli occhi con le mani.

– È sufficiente così, non sforzarti. Nemmeno io conosco l’arabo, e non ne ho riconosciuto nemmeno il suono. Forse però Veronica può aiutarci…

Veronica era rimasta seduta con la schiena appoggiata alla parete. Anche lei, come Ris, adesso appariva molto più calma. Di tanto in tanto però ci rivolgeva degli sguardi impauriti e disorientati, come un cucciolo spaurito. Mi resi conto che avevo completamente esaurito le frasi rassicuranti.

Tornai a parlare con Veronica, lasciando Emi con Ris. ➤ 4

Cercai di convincere Emi ad andare a parlare con Veronica. ➤ 18

Chiesi a Emi di parlare un attimo io e lei da soli, per pianificare il da farsi. ➤ 13

Chiesi a tutti di riunirci al centro della stanza, per pianificare il da farsi. ➤ 45

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