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Il signore di mezza età inginocchiato davanti a Rebecca si rialzò con leggera fatica, quindi si rivolse agli uomini minacciosi alle sue spalle.

«Non ricorda. Deve trattarsi di un imprevisto effetto secondario. Forse la stimolazione elettrolitica ha sollecitato zone della corteccia che… » A quel punto Bachman si fermò e portò una mano alla fronte, come se si fosse improvvisamente resto conto che nessuno attorno a lui avrebbe potuto comprendere quello che stava dicendo. Men che mai Rebecca, che lo fissava con sguardo spaurito. Subito tornò ad accovacciarsi per poterle parlare guardandola direttamente negli occhi, e lo fece con voce estremamente rassicurante.

«Rebecca, ci sono alcune cose che non ricordi. Ora ti farò delle domande, cerca di rispondermi sinceramente, va bene? Devo capire fino a che punto si estende la perdita di memoria.»

Rebecca annuì, anche se forse non aveva compreso fino in fondo.

«Ricordi perché sei qui o cos’è questo posto?

Rebecca scosse la testa, in silenzio. Ricordava la sua casa, la sua cameretta, i suoi giochi, la sua mamma. Ricordava le finestre dell’asilo con i disegni attaccati sopra. Ricordava come farsi le trecce, e che preferiva quando gliele faceva la mamma. Ricordava anche gli odori e i colori che la circondavano quando giocava in giardino. Ma non ricordava nulla di quel posto, né di come potesse esserci finita.

«Sei in una specie di ospedale. - Le spiegò Bachman con calma. - Anche tua mamma è qui. Purtroppo dobbiamo prenderci cura di te prima che tu stia male davvero. È per questo che sei qui, per essere curata. Capisci cosa intendo?»


«Posso vedere la mamma?» ➤ xxx

«Non mi fido di te. » ➤ yyy

«Cosa c’è da curare?» ➤ zzz

(scusate non ho avuto tempo di mettere i numeri di paragrafo ma a voi non cambia nulla)

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