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Vedo tutto, e vomito.

Dall’alto, la strada di fronte alla cattedrale sembra un tubo di caramelle alla frutta: ogni persona è coperta da un ombrello di colore diverso, ogni persona si affretta lungo la strada, gli ombrelli visti dall’alto somigliano a tante palline colorate e le palline rimbalzano su e giù, di marciapiede in marciapiede, schivandosi, scivolando via, ruotando, zigzagando. Ogni pallina si muove in una direzione, verso qualcosa, il proprio obiettivo. Ma piove, ed è costretta a farlo in fretta, stringendo l’ombrello, calpestando il cemento bagnato, l’asfalto sul quale scorre l’acqua in rivoli sempre più profondi, fino ai lati della strada, dove le scarpe affondano tra imprecazioni più o meno udibili. Caramelle in un tubo, agitato, che scivolano qua e là. Non sai quale sarà la prima a giungere all’angolo della strada, alla fine del tubo. Qualcuna si ferma, qualcuna lascia passare, qualcuna resta appiccicata alla vetrina di un negozio, o procrastina sul ciglio della carreggiata. Dall’alto, vedo tutto. E vomito.

Giancarlo esce dal supermercato con due buste di spesa. Non ha una mano libera per estrarre un ombrello, ma forse nemmeno l’ha portato con sé, l’ombrello. Impreca, guarda in alto, si guarda attorno. La pioggia non cessa, il palazzo non ha tettoie spioventi che concedano momenti di tregua. Un fulmine, un tuono distante, e Giancarlo si lancia sotto la pioggia, con spasso svelto ma da formichina, piccoli passetti veloci che si susseguono con foga, perché non vuole agitare le sporte di spesa qua e là man mano che schiva persone ed ombrelli, ma nemmeno vuole prendersi tutta l’acqua. Ha fatto la spesa. Hamburger vegani, verdure fresche, frullati. Giancarlo spende il doppio pensando di fare la cosa giusta, perché può permettersela. Purtroppo Giancarlo è anche quello che compra verdure surgelate che necessitano di catene del freddo mantenute per centinaia di chilometri, e che beve acqua in bottiglia frizzantina che proviene dalla Puglia perché quella che sgorga dal suo rubinetto “ha un saporaccio” e “sa di cloro”. E le bottiglie di plastica di accumulano, mentre camion carichi di casse d’acqua dalla Puglia risalgono fino al Piemonte, mentre camion carichi di acqua del Piemonte scendono giù fino a Bari. Da quassù guardo Giancarlo infilarsi infine nel portone di casa, ci è riuscito, la sua spesa è salva. Vomito su di lui. Non posso fare altro.

Marisa tira su il bavero del cappotto di lana concia e apre l’ombrello comprato per cinque euro dal venditore ambulante che gli è apparso davanti, poche strade prima. L’ombrello si romperà un paio di settimane dopo. Il meccanismo è ben assemblato, ma la struttura è debole e cederà per prima la piccola cerniera nei pressi della maniglia di plastica. Marisa premerà il pulsante e l’ombrello anziché aprirsi decollerà dalle sue mani in orizzontale, piantandosi sui coglioni di Angelo, imbianchino cinquantenne, che tirerà già diversi santi prima di accorgersi che l’attentatrice è una anziana signora. Marisa chiederà scusa, diciassette volte. Angelo si congederà rassicurandola che i suoi testicoli stanno bene. In seguito la signora Marisa tornerà dall’ombrellaio ambulante a gridargli addosso per la figuraccia che ha appena fatto. L’ambulante non sarà nemmeno lo stesso che le ha venduto l’ombrello, semplicemente avrà la sfortuna di trovarsi in quella stessa via, quindici giorni dopo, durante un altro temporale. Vomito sulla signora Marisa, e guardo altrove.

Gianluigi apre il portone e cerca con lo sguardo qualcuno. È il ragazzo di Magnaebbasta, il servizio di consegna a domicilio. Il ragazzo ha quarant’anni, due figlie e due matrimoni alle spalle. Faceva l’elettricista fino a qualche hanno fa, poi la sua ditta è fallita e ha dovuto arrangiarsi con lavoretti del genere. Oggi consegna il cibo per Magnaebbasta. Gianluigi gli sorride, lo ringrazia, gli dà una mancia di due euro. Due euro sono preziosi per il quarantenne di Magnaebbasta, che altrimenti verrebbe pagato al chilometro e a consegna, ed è tanto se riesce a tirare sù cinque euro a serata. Ma quei due euro servono più a Gianluigi che al ragazzo di Magnaebbasta, perché sono il costo del lavaggio della coscienza di Gianluigi. Lui sa benissimo che i corrieri vengono sfruttati, che sono al centro di mille vertenze sindacali, che è un lavoro ingrato, sottopagato, faticoso, logorante. Ma gli piace sentir suonare il campanello di casa, aprire la porta e trovarsi davanti la pizza che ha ordinato, o il cinese, o il giapponese, o le poke dell’hawaiano. E allora ordina comunque da Magnaebbasta. Ma lascia due euro di mancia al corriere, sempre diverso, per contribuire al suo guadagno, almeno quella volta, almeno quella sera. Se tutti facessero come lui. I corrieri potrebbero continuare ad essere sfruttati, ma almeno potrebbero pagare gli alimenti alla moglie divorziata, a fine mese. Vomito su Gianluigi e sui suoi due euro. Vorrei evitare di vomitare anche sul corriere, che riprende la sua bicicletta sotto la pioggia scrosciante, ormai completamente fradicio, ma non posso farne a meno.

Laggiù, da un angolo della strada che sparisce tra la farmacia e il negozio di scarpe, compare Carmela. Carmela vive con due gatti e compra loro carne che costa dieci volte quella con la quale si nutre lei stessa. Ma si è recentemente lamentata con il macellaio in fondo al vicolo per il costo eccessivo della carne (e pensa lo stesso anche del pesce). Il suo macellaio si chiama Antonio e colto da un terribile raptus di nervosismo, più tardi tirerà un manrovescio in faccia a Giacomo, suo figlio minore. Giacomo bullizza Luca, un coetaneo che ha la sfortuna di essere più piccolo e più gracile di lui. Ogni volta che Giacomo prende a calci Luca pensa ai ceffoni che gli tira suo padre, e ogni volta che suo padre pensa ai ceffoni che tira a Giacomo, va a piangere tra le braccia di Emiliana, sua moglie, che gli asciuga le lacrime e gli accarezza la testa come farebbe con un cucciolo. O con un gatto. Vomito su Carmela, ma il mio vomito ha poco peso e scivola via sul suo ombrello fucsia.

In alto, sul campanile della cattedrale, sto appollaiato e immobile, con lo sguardo verso il basso, mentre l’acqua scorre lungo grondaie di pietra secolari e scivola fino alla mia schiena, riversandosi fuori dalla mia bocca. Sono solo uno dei tanti gargoyle che sporgono agli angoli di questo maestoso edificio gotico, e le mie idee non valgono più di quelle dei putti grassocci scolpiti sulle colonne ai lati del sacrario, o delle madonne dalla testa enorme che pendono dalle arcate rampanti. Non posso fare altro che continuare a guardare, e vomitare.

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Comments

Anonymous

Rido come un matto per la signora Marisa e l'imbianchino Angelo, perché mio padre (Angelo di nome e imbianchino di lavoro) visse la stessa identica situazione e di santi ne conosceva tantissimi. Ho rivissuto quella scena nelle tue parole e rido ancora tantissimo.

Riccardo Depaoli

Le voci nella lista che hanno l'asterisco, hanno qualcosa di particolare?

Gnometra

Bentornato inktober e racconti annessi! :D Siamo contenti che Bigio continui con questa follia di un racconto al giorno! XD

Bigio

Beh diciamo che ottobre ancora non è iniziato e io l'ho presa con largo anticipo proprio perché so che non riuscirò a scrivere un racconto al giorno...

Bigio

Yep, sono traduzioni "imperfette" perché l'originale inglese aveva più significati

Fusogeno

Geniale dalla prima riga!