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Unii indice e pollice insieme, quindi sfiorai la tuta di Veronica alla base del collo. Un piccolo spiraglio nel tessuto si aprì all’istante. Separai le due dita, lo spiraglio si fece più ampio. Feci scivolare delicatamente le dita verso il basso. Il tessuto si separò come se stessi aprendo una qualche chiusura lampo invisibile. Il corpo di Veronica sgusciò fuori da quell’involucro sintetico. Ne percepii il calore, l’odore. Quando lo baciai, anche il sapore. Continuammo a baciarci e a stringerci tentando di evitare tutte le ferite, le abrasioni, le parti doloranti dei nostri corpi. Fu complicato. Non ci riuscimmo appieno. Di tanto in tanto i gemiti e i fremiti erano interrotti da gridolini di dolore, ma erano momentanei, frazioni di secondo di agonia disciolti in minuti di piacere, durante i quali ci riappropriavamo della nostra umanità. Ebbi come la sensazione di sovrascrivere ad ogni ricordo sbiadito del passato, nuovi ricordi vividi e meravigliosi. Stavamo confermando che eravamo molto più del risultato di quello che eravamo stati, o che ricordavamo di essere stati. Eravamo qualcosa di nuovo, imprevisto, forse imprevedibile, persino incomprensibile per un cervello elettronico. In qualche modo atavico e istintivo stavamo affermando la differenza tra un essere vivente e dei filamenti metallici percorsi da impulsi elettrici.

Subito dopo, crollammo addormentati l’uno sull’altra. Cavi di gomma e fili di rame ci facevano da culla, nel buio illuminato dai deboli pallori dei monitor. E i nostri respiri affannati ci fecero da ninna nanna.


Mi risvegliai. ➤ 146

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Comments

Claudio

che peccato si sono addormentati troppo presto