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Le nubi grigie e impestate dai fumi della periferia ci pisciavano addosso pioggia maleodorante, quella notte. Tutti ringraziavamo il Padreterno di avere un impermeabile addosso e un cappello sulla testa, mentre attraversavamo la quarantacinquesima per raggiungere la stamberga fatiscente dove si era rintanato quella testa di cazzo di Jack Conchiglia. Timmy Cicca era l’unico senza un cappello. Era stato proprio quel fottuto bivalve a farglielo volare dalla testa, con un colpo di 9mm che aveva segnato a partire dalla tempia sinistra una cicatrice lunga tre pollici. Il proiettile era rimbalzato sul cranio di Timmy senza perforarlo, ma Jack credeva di averlo ammazzato perché il macaco era crollato a terra, faccia nel fango, senza emettere nemmeno un grido. E lì era rimasto. Quando Timmy cicca si riprese, la banda di Jack gli aveva ripulito l’appartamento. Si erano presi ogni cosa di valore e ovviamente anche quei cazzo di posaceneri di madreperla. Timmy li aveva fatti fare ricavandoli dai gusci di tre ostriche dalla lingua lunga, sistemate perché facevano il doppio gioco con i fottuti piedipiatti. Che fossero le cugine di Jack Conchiglia Timmy non lo sapeva, ma era probabile che quello fosse il motivo per cui Jack Conchiglia aveva fatto irruzione in casa di Timmy: vendicarsi, e riprendersi quei dannati pezzi di guscio. È così che va il mondo: una spirale di violenza che ti risucchia, volente o nolente. Dei tuoi parenti fanno il doppio gioco? Nessuno si stupisce che vengano freddati appena usciti da un diner. E nemmeno che gli agenti con cui erano in combutta vengano ritrovati morti in un cantiere sulla Mahoney. Ma se vuoi incazzarti e prendertela con chi ha sistemato le cose, accomodati pure. Solo che devi assicurarti di fare bene il cazzo di lavoro. Siamo professionisti, e in questo campo le cose fatte con approssimazione tendono a tornare indietro a perseguitare chi non ci ha messo abbastanza impegno, proprio come un boomerang di merda. Nel caso specifico di Timmy Cicca, una volta che il macaco ebbe ripreso i sensi e constatato che Jack Conchiglia non avrebbe potuto ridurre la sua dimora in condizioni peggiori nemmeno cagandogli sul pavimento, aveva radunato i suoi uomini e in meno di mezz’ora era pronto a seguire la suddetta spirale di vendetta per un altro mezzo giro. Assieme al macaco senza cappello (perché un cappello con un buco sopra non è un cappello e una testa sfregiata da tre pollici di ferita sanguinante non è una testa da cappello) c’erano anche Snake Peter, Wes “Orecchietta” McVale e quel figlio di puttana di Andrew Spark Beghelli, appena uscito dal carcere per buona condotta e già pronto a tornarci dopo aver dimostrato che il carcere ha meno capacità correzionale di un promemoria sul frigo con scritto “non mangiare quella torta”. Timmy si fermò davanti alla porta di casa di Conchiglia, come se volesse controllare che fosse la bicocca giusta. Mura scrostate, grondaie arrugginite, zerbino da due soldi. Beh, ovviamente sul campanello non c’era scritto “Jack -fottuto- Conchiglia” ma poteva scommetterci le palle che quel mitile fosse lì dentro. Lontra Latrina aveva appena confermato di aver visto Jack aveva chiedere di essere ospitato da suo cugino di terzo grado, poche ore prima, e da allora non era uscito nessuno da quella casa.
«Jack! Mi senti? Sei là dentro? Sono Timmy Cicca e sono venuto ad ammazzarti!» Gridò Cicca, spalancando la bocca e mostrando le zanne. A quel macaco piaceva sacrificare l’effetto sorpresa in cambio di una bella entrata in scena. Subito dopo sfondò la porta con un calcio e aprì il fuoco. La sua mitraglietta sputò fuori in pochi secondi tutto il piombo che c’era nel caricatore. La pioggia che cadeva sulla canna dalla grondaia malandata evaporava aggiungendo foschia al fumo. Quando il rullo iniziò a girare a vuoto, dall’interno della casa risposerò al fuoco. Forse il cugino di terzo grado non aveva gradito che si cominciasse a sparare nel suo soggiorno senza chiedere il permesso. Un paio di proiettili colpirono Timmy in pieno petto, mettendolo subito fuori gioco. Peter serpeggiò di lato, avvicinandosi alla finestra. Orecchietta corse ad accertarsi che il capo fosse davvero morto.
«È morto?» Gli gridò Beghelli, emettendo così tante scariche di rabbia dalla pelle di torpedine che nemmeno il soprabito impermeabile riusciva a nasconderle.
«Freddo come una lapide, Sparky! Cicca è morto!” Gli rispose Orecchietta, con le dita unghiute sporche di sangue. Il Koala sapeva il fatto suo, aveva seguito un corso di rianimazione e pronto soccorso quando aveva tentato di entrare nei baywatch, da giovane. Se diceva che non c’era nulla da fare, non c’era nulla da fare. Tommy era morto.
«Me la pagherete, figli di puttana!» Sbraitò l’anguilla elettrica lanciandosi attraverso la porta d’ingresso. Peter sapeva che quel gesto equivaleva a un suicidio, e tentò di salvare la situazione: si lanciò all’interno della casa sfondando la vetrata della finestra vicino alla quale si era appostato. Distratti dall’ingresso di Snake Peter, i padroni di casa non reagirono abbastanza velocemente e Spark Beghelli piantò due pallottole nella fronte dei rispettivi cugini Conchiglia ponendo fine alla sparatoria in un istante.
La pioggia, fuori, continuava a scrosciare incessante, mentre nella stanza l’aria era satura di fumo e di odore di polvere da sparo, metallo, sudore e sigarette da due soldi. Quelle che fumava Jack Conchiglia.
«Tutto bene, Sparky?» Chiese Peter.
«Alla grande, Snake. Grazie per averli distratti.»
«Figurati, dovere.»
Dietro un divano di velluto verde che puzzava di culi sudati c’erano i corpi di Jack Conchiglia e di suo cugino Petella. Il sangue stava già macchiando la moquette spelacchiata color merda che Petella aveva comprato per coprire il parquet da sue soldi.
«Hanno ammazzato Timmy. Hanno ammazzato Timmy…» Mormorò McVale entrando in casa.
«Già. Ma lo abbiamo vendicato.» Gli rispose Snake.
«E adesso che si fa? Eravamo qui per far fuori Jackm giusto? …o meglio, Timmy era qui per questo. Ma ora lui è morto. Ha ancora senso quello che abbiamo fatto?»
«Non ha un cazzo di senso, Orecchietta! Non ce l’aveva prima, e non ce l’ha nemmeno adesso. È quella fottuta spirale… non capite?»
«No.» Disse orecchietta.
«La spirale della violenza. Un altro mezzo giro. E sotto a chi tocca.»
«Ma che cazzo stai dicendo?» Esclamò Snake Peter.
«Non fa niente. Adesso… lasciate tutto così, la polizia si divertirà. Noi dobbiamo sparire prima che arrivino. Figurati se qualche stronzo figlio di puttana non li avrà già chiamati, dopo il casino che ha fatto Timmy con quella mitragliatrice!»
Risero tutti di gusto. Era divertente in effetti. Aveva fatto un casino, con quella mitragliatrice. E non aveva colpito nessuno. Zero. Solo riarredato il salotto con un centinaio di nuove prese d’aria sulle pareti. E poi PAM, un singolo proiettile gli aveva spaccato in due il cuore. Magari non l’aveva nemmeno esploso Jack quel colpo, forse era stato Petella. Che situazione ridicola. Che morte di merda.
«Peter prendi un cappello. Quello lì, sul divano.»
«Che ci vuoi fare, Spark?»
«Voglio metterlo a Timmy. Non voglio che se ne vada all’inferno senza cappello.»
«Ma scivolerà via con la pioggia.» Disse Orecchietta.
«Non scivolerà via con la pioggia! Glielo calco bene in testa, va bene? Era venuto per vendicarsi del modo in cui Conchiglia gli aveva fatto saltare il cappello. Gli copro la cicatrice.»
Sirene in lontananza. I piedipiatti stavano arrivando.
«Filiamocela!» Disse Sparky. E così fecero. Sul marciapiede tornò a regnare il rumore della pioggia scrociante. Prima dell’arrivo degli agenti, il cappello di Timmy Cicca scivolò via dalla sua faccia, l’acqua lo trasportò lungo il canale di scolo della quarantacinquesima fino a un tombino fondato di fianco ad alcuni secchioni dell’immondizia, e da lì scomparve, risucchiato nelle fogne.

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